
La Moda Sostenibile nel 2024. L’anno si è concluso con un bilancio agrodolce per la moda sostenibile. Nonostante investimenti, iniziative e regolamentazioni, l’industria rimane impantanata in una stagnazione che impedisce una vera trasformazione. Per ogni progresso compiuto, nuovi ostacoli emergono, mettendo in discussione l’efficacia delle strategie adottate.
Un anno di progressi ineguali
Alcune iniziative degne di nota hanno caratterizzato il 2024:
- Kering è stata la prima azienda di moda a definire obiettivi scientifici per la tutela della biodiversità.
- La California ha approvato la legge SB 707, che obbliga le aziende di moda con ricavi superiori a 100 milioni di dollari a implementare programmi di riciclaggio entro il 2027.
- L’Unione Europea ha introdotto il Digital Product Passport, che dal 2026 consentirà di tracciare l’impatto ambientale dei prodotti.
Tuttavia, questi successi sono stati oscurati da problemi strutturali irrisolti. La sovrapproduzione e il sovraconsumo restano il tallone d’Achille del settore, alimentando sprechi e l’esaurimento delle risorse.
Il fast fashion continua a dominare il mercato, con un incremento del 182% delle importazioni tessili negli Stati Uniti dal 2000. L’industria è ancora fortemente dipendente dai combustibili fossili: il poliestere rappresenta il 57% della produzione globale di fibre tessili.
Di conseguenza, il settore tessile è ancora lontano dalla circolarità:
- Solo lo 0,3% dei materiali tessili globali viene riutilizzato.
- Il 99% dei 3,25 miliardi di tonnellate di materiali consumati ogni anno proviene da risorse vergini.
- Due terzi dei rifiuti tessili finiscono in discarica o negli inceneritori.
- Un terzo dell’abbigliamento prodotto non viene mai venduto, finendo direttamente tra gli scarti.
Se il consumo di abbigliamento proseguirà al ritmo attuale, nei prossimi cinque anni potrebbe crescere del 63%, raggiungendo i 102 milioni di tonnellate. Questo trend potrebbe spingere il settore a consumare oltre un quarto del bilancio mondiale di carbonio entro il 2050.
Il paradosso degli strumenti: soluzioni disponibili, ma inutilizzate
L’industria della moda si trova intrappolata nel “paradosso degli strumenti”: esistono tecnologie e strategie per migliorare la sostenibilità, ma non vengono implementate su larga scala. Anziché adottare le innovazioni esistenti, molte aziende preferiscono cercare nuove soluzioni, senza affrontare le barriere strutturali.
Il principale ostacolo è il modello economico della “crescita a tutti i costi”, dove il profitto ha la priorità sulla sostenibilità. Gli esperti di sostenibilità all’interno delle aziende hanno spesso un’influenza limitata e risorse insufficienti per guidare un cambiamento sistemico. Questo porta a miglioramenti marginali anziché a una trasformazione radicale.
Il ruolo delle aziende e delle regolamentazioni
Le aziende, spinte da pressioni economiche e dall’inflazione, continuano a privilegiare la crescita a breve termine, riducendo gli investimenti nella sostenibilità. Secondo un report del 2025, solo il 18% dei dirigenti aziendali considera la sostenibilità tra i primi tre rischi per la crescita, in calo rispetto al 29% del 2024.
Sul fronte normativo, le nuove leggi stanno cercando di imporre maggiore trasparenza, ma con difficoltà:
- La SB 707 in California e il Digital Product Passport dell’UE rappresentano passi avanti, ma la mancanza di standard globali uniformi complica la conformità per le aziende.
- La legge francese AGEC impone livelli senza precedenti di trasparenza nella supply chain, evidenziando le gravi lacune delle aziende nella tracciabilità dei propri fornitori.
Il divario tra intenzioni e azioni dei consumatori
Anche il comportamento dei consumatori rappresenta un ostacolo. Sebbene la consapevolezza sulla sostenibilità sia in aumento, molti continuano a preferire il fast fashion per il basso costo, la rapidità di accesso e la pressione sociale.
Questo fenomeno è noto come “divario attitudine-comportamento”:
- I consumatori dichiarano di voler acquistare in modo più sostenibile, ma all’atto pratico scelgono ancora la moda usa e getta.
- L’influencer marketing ha generato quasi 5 miliardi di dollari di vendite nel 2024, alimentando il dominio della fast fashion.
Per competere con il fast fashion, la moda sostenibile deve riuscire a ridefinire il proprio posizionamento: non solo come scelta “giusta”, ma come opzione “desiderabile”, capace di soddisfare bisogni emotivi, appartenenza sociale e status.
L’urgenza di una collaborazione radicale
I miglioramenti incrementali non sono sufficienti a contrastare le criticità sistemiche del settore. Investitori e stakeholder stanno iniziando a disinvestire dalle aziende che non mostrano progressi concreti.
Il vero ostacolo alla sostenibilità non è la mancanza di soluzioni, ma la scarsa collaborazione tra aziende, fornitori e organizzazioni di settore.
- Le aziende tendono a collaborare solo con partner “sicuri”, evitando di condividere dati e risorse con i concorrenti.
- Le organizzazioni di settore spesso duplicano gli sforzi invece di unire le forze, creando frammentazione e confusione.
La chiave per un progresso reale è una collaborazione radicale, in cui tutti gli attori dell’industria lavorino insieme per standardizzare le pratiche sostenibili, condividere innovazioni e scalare soluzioni già esistenti. Solo così sarà possibile superare il “paradosso degli strumenti” e abbandonare la ricerca di nuove “bacchette magiche”.
Un futuro ancora incerto
Il 2024 ha dimostrato che, nonostante i progressi normativi e tecnologici, la moda sostenibile non ha ancora raggiunto una svolta significativa. La mancanza di collaborazione, le priorità aziendali orientate al profitto, il comportamento dei consumatori e la complessità delle regolamentazioni ostacolano il cambiamento.
Se l’industria vuole davvero evolvere, dovrà superare le divisioni, investire nella collaborazione e attuare soluzioni già disponibili, anziché limitarsi a sperimentazioni isolate. Solo con una mentalità condivisa e una trasformazione sistemica sarà possibile rendere la moda veramente sostenibile.